La crosta del formaggio è da considerare parte dell’alimento oppure no? Questo quesito divide da tempo gli operatori del settore ed i comportamenti dei consumatori.
Alcuni approcci tradizionali al consumo, quello dei nostri nonni, prevedevano che anche la crosta del formaggio fosse ritenuta edibile ed impiegata in cucina o come condimento di una fumante polenta.
La realtà produttiva attuale, almeno in relazione all’attuale caratteristiche della filiera casearia, evidenzia un ruolo della crosta paragonabile a quello di un contenitore. Il confine tra il prodotto e l’ambiente, una sorta di packaging biologico, naturale e tradizionale.
La domanda a questo punto è “Chi consuma l’involucro degli alimenti?”. Di norma, nessuno!
In tutte le fasi produttive, fino al termine della maturazione in casera, la crosta entra in contatto con l’ambiente e si può sporcare e/o contaminare. Le modificazioni e l’ampliamento dei mercati hanno inevitabilmente cambiato i tempi e le modalità di trasporto dei prodotti alimentari. Il rischio di entrare in contatto con agenti indesiderati si è molto modificato nel corso del percorso dal caseificio alla tavola del consumatore. Eliminare la crosta prima del consumo rappresenta pertanto una buona procedura di prevenzione per la tutela della salute.
Quanto detto vale anche, anzi soprattutto, nel caso dei formaggi come il Gorgonzola, in cui la microflora di crosta sia importante per la maturazione del prodotto. La crosta del formaggio, nel caso del formaggio Gorgonzola, partecipa ai processi di maturazione, ma questo nulla toglie al fatto che rimanga, a fine maturazione, esposta nel corso di tutta la sua vita commerciale al contatto con l’ambiente che, teoricamente, potrebbe essere fonte di numerosi pericoli, non solo di origine microbiologica. Ovviamente è meglio che la crosta sia pulita, come per qualsiasi contenitore, ma non è necessario e/o possibile garantire il rispetto di criteri severi come quelli applicati alla parte edibile dell’alimento.
Ragionando secondo questo principio, con decisione riportata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 6.5.2008 (2008/C 111/17) sette anni fa venne accolta la richiesta di modifica del Disciplinare di Produzione, o meglio la puntualizzazione, richiesta dal Consorzio Gorgonzola che obbliga i produttori a riportare in etichetta la dichiarazione di non edibilità della crosta del formaggio.
Non si è trattato di cosa trascurabile. Ha rappresentato, invece, il completamento di un lungo percorso iniziato dal Consorzio anni addietro con il Ministero della Salute Italiano.
Inizialmente la proposta era stata percepita con sospetto, come una scorciatoia, ma poi col tempo e con le spiegazioni dettagliate, sostenute da test di laboratorio, se ne sono comprese tutte le ragioni scientifiche e pratiche.
Questa iniziativa del Consorzio ha preso le mosse da evidenze produttive. Evidenze sperimentali suggerivano come, anche se saltuariamente, viste le caratteristiche della crosta disacidificata di questo particolare formaggio, potesse presentarsi il rischio di presenza di microrganismi indesiderati. Presa coscienza di questo rischio, i produttori, oltre a mettere in pratica differenti iniziative tecnologiche volte alla riduzione del rischio specifico, al fine di garantire la sicurezza hanno preferito indicare al consumatore un preciso comportamento, l’eliminazione della crosta, che aumenta la sicurezza di consumo del prodotto.
Si trattava e si tratta di un eccesso di zelo a tutela dei consumatori.
Con la sicurezza è comunque meglio esagerare. L’informazione del consumatore è da considerarsi infatti uno dei cardini del “sistema di sicurezza della filiera alimentare”.